Durante la tarda Repubblica Romana, il fiume Rubicone segnava il confine tra la provincia romana della Gallia Cisalpina a nord-est e l’Italia vera e propria (controllata direttamente da Roma e dai suoi alleati) a il Sud. Sul versante nord-occidentale il confine era segnato dal fiume Arno, un corso d’acqua molto più ampio e importante, che scorre verso ovest dagli Appennini (la sua sorgente non è lontana dalla sorgente del Rubicone) nel Mar Tirreno.
I governatori delle province romane furono nominati promagistrati con imperium (approssimativamente, “diritto di comando”) in una o più province. I governatori allora servirono come generali dell’esercito romano all’interno del territorio che governavano. Il diritto romano specificava che solo i magistrati eletti (consoli e pretori) potevano detenere l’imperium in Italia. Qualsiasi promagistrato che entrava in Italia a capo delle sue truppe perdeva il suo imperium e quindi non era più legalmente autorizzato a comandare truppe.
Esercitare imperium quando proibito per legge era un reato capitale. Inoltre, obbedire ai comandi di un generale che non possedeva legalmente l’imperium era un reato capitale. Se un generale entrava in Italia al comando di un esercito, sia il generale che i suoi soldati diventavano fuorilegge e furono automaticamente condannati a morte. I generali furono così obbligati a sciogliere i loro eserciti prima di entrare in Italia.