Libertà, Uguaglianza, Fraternità


“Unité, Indivisibilité de la République, Liberté, Egalité, Fraternité ou la Mort”
Stampa a colori a cura di Paul André Basset, prateria e IV (1796)
© Photothèque des Musées de la Ville de Paris – Ph. Ladet

Collegato da François Fénelon alla fine del XVII secolo, le nozioni di “libertà”, “uguaglianza” e “fraternità” divennero più diffuse durante l’età dell’Illuminismo.

Al tempo della Rivoluzione francese, “Libertà, Uguaglianza, Fraternità” era uno dei tanti motti in uso. In un discorso del dicembre 1790 sull’organizzazione delle guardie nazionali, Maximilien Robespierre sostenne che le parole “Il popolo francese” e “Libertà, uguaglianza, fraternità” fossero scritte su uniformi e bandiere, ma la sua proposta fu respinta.

Dal 1793 in poi, i parigini, presto imitati dagli abitanti di altre città, dipinsero sulle facciate delle loro case le seguenti parole: “Unità, indivisibilità della Repubblica; libertà, uguaglianza o morte”. Ma fu presto chiesto loro di cancellare la parte finale della frase poiché era troppo strettamente associata al regno del terrore.

Questo motto cadde in disuso sotto l’Impero, come molti simboli rivoluzionari. Ricomparve durante la Rivoluzione del 1848 segnato da una dimensione religiosa: i sacerdoti celebravano la “Christ-Fraternité” e benedicevano gli alberi della libertà che erano stati piantati in quel momento. Quando fu redatta la Costituzione del 1848, il motto “Libertà, Uguaglianza, Fraternità” fu definito un “principio” della Repubblica.

Scartato sotto il Secondo Impero, questo motto si affermò finalmente sotto la Terza Repubblica , anche se alcuni vi si opponevano ancora, compresi i partigiani della Repubblica: la solidarietà veniva talvolta preferita all’uguaglianza che implica un livellamento della società, e la connotazione cristiana di fraternità non era accettata da tutti.

Questo motto era nuovamente iscritto sui frontoni degli edifici pubblici in occasione della celebrazione del 14 luglio 1880. Appare nelle costituzioni del 1946 e del 1958 ed è oggi parte integrante del nostro patrimonio nazionale. Si trova su oggetti usati dal grande pubblico come monete e francobolli.

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