Abile avvocato, potente oratore e influente scrittore di pamphlet, il primo pirata americano James Otis aveva un modo con le parole (ha coniato la frase “la casa di un uomo è il suo castello” nel 1761 durante il suo stimolante assalto di cinque ore all’atto di assistenza, che aveva dato libero sfogo ai funzionari coloniali britannici per cercare prove di contrabbando), ma è improbabile che abbia effettivamente fatto la dichiarazione in questione. Apparentemente si trattava di William Tudor, Jr, un biografo dell’inizio del XIX secolo di John Adams, che attribuì la frase a Otis, scrivendo: “Dall’energia con cui ha sollecitato questa posizione, che la tassazione senza rappresentazione è tirannia, è diventata una massima comune nella bocca di tutti”. Indipendentemente dal fatto che Otis abbia originato o meno quella famosa massima, tuttavia, non c’è dubbio che fosse un forte e frequente sostenitore della logica e del sentimento alla radice.
Quel principio è venuto in risposta all’imposizione di una serie di tasse selvaggiamente impopolari sulle colonie americane a metà del XVIII secolo dalla corona britannica dopo più di un secolo di salutare abbandono. Con lo Sugar Act (1764) e lo Stamp Act (1765) il governo britannico cercò di raccogliere entrate dalle sue colonie per contribuire a pagare la loro difesa da parte delle truppe britanniche sulla scia della costosa guerra franco-indiana e per ristabilire l’autorità imperiale. Non abituati a essere tassati, a proprio agio con il governo delle loro stesse legislature e non rappresentati in Parlamento a Londra, molti coloni si imbrigliarono. Nel suo pamphlet The Rights of the British Colonies Asserted and Proved (1764) Otis sostenne che senza concedere seggi in Parlamento alle colonie americane quell’organismo non aveva il diritto di tassarle. Ha scritto inoltre che “L’atto stesso di tassare, esercitato su coloro che non sono rappresentati, mi sembra che li privi di uno dei loro diritti più essenziali”.