Interpretazione delle leggi ebraiche
Mary Douglas ha offerto probabilmente l’interpretazione più convincente di queste leggi nel suo libro Purezza e pericolo (1966). Ha suggerito che queste nozioni di contaminazione sono regole di separazione che simboleggiano e aiutano a mantenere la nozione biblica della distinzione degli ebrei dalle altre società. Un elemento centrale nella sua interpretazione è che ciascuna delle ingiunzioni è preceduta dal comando di essere santi. Questa distinzione tra santità e “abominio”, scrisse Douglas, consente a queste restrizioni di avere un senso: “Santità significa tenere distinte le categorie della creazione. Si tratta quindi di definizione, discriminazione e ordine corretti “. Le leggi alimentari del Levitico e del Deuteronomio esemplificano la santità in questo senso. Gli antichi ebrei erano pastori, e gli ungulati con gli ungulati e gli ungulati sono cibo adatto per queste persone; quindi, sostiene Douglas, divennero parte dell’ordine sociale e furono addomesticati come schiavi. Maiali e cammelli, tuttavia, non soddisfano i criteri degli animali idonei al consumo da parte dei pastori. Di conseguenza, sono esclusi dal regno della correttezza e sono considerati “impuri”. Le persone che mangiano cibo impuro e “fuori posto” sono anch’esse impure e non possono avvicinarsi al Tempio.
Esiste, tuttavia, un’altra dimensione nelle usanze alimentari sancite nella Torah. Oltre ad esprimere la separazione di Israele come nazione – l’appartenenza era attribuita per diritto di nascita – le usanze alimentari israelite rispecchiavano anche le loro divisioni interne, che erano simili a castelli ed erano ereditate. Sebbene le regole di separazione si riferissero principalmente ai sacerdoti, interessarono anche il resto della popolazione. L’intrinseca separazione del sacerdote dagli israeliti ordinari era simboleggiata dalla prescrizione che doveva evitare l’impurità più di chiunque altro. Non doveva bere vino o bevande forti e doveva lavarsi mani e piedi prima del servizio del tempio. È esplicito nelle prescrizioni della Torah che un’offerta santifica chiunque la tocchi. I sacerdoti erano spesso le uniche persone autorizzate a consumarlo.
Queste regole che simboleggiano la separatezza del gruppo sacerdotale convalidavano anche un sistema di tassazione a loro vantaggio, espresso in termini di offerte, sacrifici e decime. La razionalizzazione religiosa della tassazione è illustrata nella Bibbia ebraica dalla cerimonia delle “primizie”. Si diceva che gli alberi da frutto vivessero la propria vita e dovevano rimanere intatti per tre anni dopo essere stati piantati. Ma i loro frutti non potevano essere goduto immediatamente: a Dio doveva essere data la sua parte nelle cerimonie delle primizie. Queste primizie rappresentano il tutto e in esse si concentra tutta la potenza del raccolto, che è di Dio. Il sacrificio è incentrato sull’idea del primo -Offerta di frutta La sua razionalizzazione era che tutto apparteneva a Dio: il punto centrale del sacrificio è la santificazione dell’offerta, o la consegna di essa a Dio. Il suo scopo più immediato era quello di servire come una forma di tassazione per i sacerdoti; solo loro erano considerati abbastanza santi da prenderne possesso.